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A BEAUTIFUL MIND
(A BEAUTIFUL MIND)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 13 marzo 2002
 
di Ron Howard, avec Russel Crowe, Ed Harris, Jennifer Connelly, Christopher Plummer (Stati Uniti, 2001)
 
Prendiamo un film che più intelligente di cosi non potrebbe essere, A BEAUTIFUL MIND. Uno di quelli che in proiezione si fanno precedere da una didascalia che dovrebbe già assicurare intenti onesti e procedure assolutamente nobili: Una Storia Vera. Storia vera di un matematico che giungerà al Nobel, ma schizofrenico; e nella quale - tanto per ben cominciare - si tace sull'omosessualità del protagonista che avrebbe potuto spiegare molte cose; oltre sull'esistenza, sempre sgradevole, delle sue deliranti sparate sugli Ebrei. Per essere intelligente, John Forbes Nash lo era davvero: uno che stupiva la Princeton degli anni 40 per le proprie origini modeste, le stranezze e la presunzione. Ma pure per un genio cosi precoce da permettergli di enunciare subito una legge economica destinata all'immortalità; oltre che di ottenere un posto d'insegnante. E l'attenzione della Cia: che, una volta scoperto i suoi doni di deduzione quasi soprannaturali, tenterà di reclutarlo a fin che possa decifrare i messaggi sovietici che affiorano fra le righe della stampa internazionale.

Quella di John Forbes Nash è una faccenda sconvolgente. Perché parla di un genio della matematica che influenzerà la storia dell'economia formulando una teoria che analizza i principi matematici della competizione: il tutto, osservando le reazioni ormonali dei suoi compagni di classe alla vista di una bionda procace. Ma di un genio condotto alla paranoia dalla propria schizofrenia: tutta una serie di visioni che lo convinceranno di far parte di un intrigo di spionaggio e di terrorismo. Certo, ospitalizzato e più o meno guarito, inizierà una nuova carriera conclusasi con il Nobel: ma resterà un individuo al quale è impossibile distinguere i sogni (o, se preferite, i fantasmi) dalla realtà. L'arte, la scienza o la poesia, da ciò che era, in effetti, uno dei periodi più oscuri del suo paese, il Maccartismo (regolarmente ignorato dagli autori della Storia Vera di cui sopra).

A BEAUTIFUL MIND è un film come tanti altri: che cerca di giocare con la squisita duplicità delle immagini filmate, con la meravigliosa trasparenza di questo fascio di luce che esce da un proiettare per imprimere delle sagome su uno schermo: e che ogni spettatore sarà libero, anzi costretto ad interpretare secondo il proprio discernimento ed il proprio grado di coinvolgimento nell'identificazione. Ma A BEAUTIFUL MIND è un film girato da un buon artigianotto hollywoodiano ( APOLLO 13, EdTV, IL GRINCH), Ron Howard, che avrebbe dovuto limitarsi a fare una cosa sola: filmare l'ambiguità. L'ambiguità che era la stessa della natura del suo protagonista, e dell'America di quei tempi. Ma filmare l'ambiguità ( nel caso di Howard bisognerebbe forse dire filmare qualsiasi cosa che non sia l'esercitazione sopra le righe degli attori: un'infamia la nomination agli Oscar) richiede un talento anche minimo: quello, ad esempio, di filmare gli oppressivi "fantasmi" rendendo gli spettatori dubbiosi, altrettanto del povero protagonista, sul fatto che essi possano essere veri, oppure fasulli.

Quelli di Ron Howard, lo capisce anche lo spettatore che è riuscito a non crollare prima della micidiale virata delle due ore, sono incollati e dichiaratamente fasulli: anche se il regista ce li mostra, esteticamente in modo raggelante, bene in carne e ossa. Gli è che il nostro è uno che, a furia di voler farsi voler bene da tutte la platee, ha finito per prendere per fessi quella sua infinità di spettatori. Banalizzando gli approcci, eternizzando le durate. Gli attori sono grandi (in particolare Russel Crowe), ma ualcuno non deve ancora aver spiegato a questo cineasta pure fecondo, che il pubblico è meno scemo di ciò che sembra: ed è il guaio di tutto il cinema americano di questi ultimi tempi.


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