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REPULSION
(REPULSION)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 9 dicembre 1970
 
di Roman Polanski, con Catherine Deneuve, John Fraser, Patrick Wymark, Yvonne Furneaux (Gran Bretagna, 1965)
 
Secondo lungometraggio di Polanski, segue IL COLTELLO NELL'ACQUA e precede CUL DE SAC. Storia di una nevrosi: una ragazza si rinchiude in un appartamento di un quartiere di Londra coi cadaveri delle sue due vittime, un coniglio in decomposizione e molte allucinazioni.

Film sul terrore e sull'arte del terrore, come soltanto PSYCHO di Hitchcock nel cinema del dopoguerra. Ma, soprattutto, cinema d'introversione, immagine dell'oggetto visto dall'interno. La macchina da presa di Polanski si rinchiude fra quattro mura: quando ne esce, nelle rare scene girate all'aperto, si direbbe sia soltanto allo scopo di accentuare ancora di più il sentimento di oppressione, di chiusura. La brezza che solleva i capelli biondissimi, ariosi di Catherine Deneuve, il suo incedere, i suoni e le immagini della strada non sono rassicuranti, familiari. Ci riportano al contrario immediatamente all'universo rinchiuso dell'appartamento, dove infatti, immediatamente, ritorniamo. La tregua è stata breve.

Dalla gabbia dell'ascensore, presagio di clausura che ci aspetta, entriamo nelle stanze, strisciamo all'altezza dei pavimenti, scivoliamo lungo le pareti alla ricerca dei segni della nevrosi.

Cinema dell'impossibile e di come riprodurre l'impossibile. Il mondo di REPULSION è come un cubo perfetto e trasparente, che il regista si rigira fra le mani e ci mostra. Un uso delle focali corte, dei grandangolari, assolutamente allucinante, con i personaggi, il personaggio, proiettato in una dimensione astratta, del tutto simile alla nevrosi che vieppiù s'impadronisce della mente della deliziosa Catherine Deneuve. L'ambiente diventa così protagonista, si fonde con l'individuo come in tutto il cinema vero: lo risucchia letteralmente fino a lasciarlo ormai svuotato, alla fine, e come senza vita.

REPULSION è un film affascinante (anche se meno maturo, più di "ricerca" dei successivi IL BALLO DEI VAMPIRI e, soprattutto, ROSEMARY'S BABY) perché non si può sfuggirgli. O lo si guarda emotivamente, ed allora come dicevamo è uno studio sulla paura di straordinaria efficacia (chi non trasalisce quando s'intravede per la prima volta una figura d'uomo nello specchio dell'armadio?). Oppure lo si osserva come l'oggetto di un "tour de force" incredibile: non fosse che quello di rendere credibile, non risibile, una storia come quella. E anche in questo caso il fascino di REPULSION l'abilità del regista nel venire a capo delle difficoltà, la bellezza dell'oggetto osservato con così preziosa sapienza, rendono al film, intatta, tutta la sua forza poetica.

Creatore formidabile di atmosfere, Polanski si riconferma, anche ad una rilettura, come uno dei più originali registi delle ultime generazioni e come un uomo di cinema ancora tutto, in definitiva, da scoprire.


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