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BARBABLU'
(BLUEBEARD)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 22 giugno 1973
 
di Edward Dmytryk e Luciano Sacripanti, con Richard Burton, Raquel Welch, Joey Heatherton, Virna Lisi, Nathalie Delon, Marilù Tolo, Karin Schubert, Agostina Belli, Mathieu Carrière (Stati Uniti - Italia, 1972)
Che Dmytrik non fosse quel genio che molti invocavano ai tempi del AMMUTINAMENTO DEL CAINE lo si sapeva ormai da un pezzo. Questo BARBABLU' potrebbe non essere che un ennesimo film dell'orrore sbagliato. Perché la chiave giusta, dell'humour nero (che s'intravede vagamente nella scena della ghigliottina) Dmytrik non la trova per niente, proprio all'opposto delle donne del protagonista che invece sceglievano sempre, ricordate, la chiave proibita. Ci sono però bidoni perdonabili, ed altri meno. Che Dmytrik colasse a picco con la sua paccottiglia dello spavento era prevedibile. Che la travesta da messaggio ideologico-politico è, oltre che meno prevedibile, anche meno sopportabile.

Infatti Richard Burton, lasciato un istante Shakespeare e l'adiposa consorte, non si accontenta di incarnare il celebre consumatore di mogli. Ma, poiché nel ‘73 bisogna apparire impegnati, il suo Barbablù è un difficile razzista; e il tarlo che lo induce a tirare il collo alle donne non è soltanto di origine nevrotica (il che non impedisce naturalmente di mostrare alcune scene regolarmente fallimentari come le altre, di sado-masochismo, impotenza e sederi vari al vento) ma è motivato dalla degenerazione ideologica del protagonista. Dai ghetti della guerra, al frigorifero con i cadaveri delle mogli, insomma. Più le frustate masochiste. Tutto questo potrebbe anche non significare granché. Al cinema, si sa, conta come si dice e non tanto quello che si dice, ciò non toglie che più uno ne mette più e difficile venirne fuori con un minimo di ordine. Figuriamoci Dmytrik, visto il “come” ci mostra le cose. I suoi nazisti e i suoi sederi potrebbe essere anche divertentii, si fa per dire. Purtroppo sono soltanto di una idiozia abissale.


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