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CREPA PADRONE, TUTTO VA BENE
(TOUT VA BIEN)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 2 maggio 1975
 
di Jean Luc Godard, con Jane Fonda, Yves Montand, Jean Pierre Gorin, Vittorio Caprioli (Francia, 1972)
Occorrono alcune premesse al giudizio, difficile, di questo film contraddittorio e anche ambiguo. Che Godard sia uno dei grandi innovatori cinematografici degli anni Sessanta fa parte ormai della storia. Ed anche che alcuni dei suoi film (PIERROT LE FOU, per fare un esempio) siano dei capolavori. Godard è sempre stato uno straordinario scrittore del linguaggio cinematografico: questa sua scrittura, che è un continuo ripensamento del linguaggio cinematografico, una continua rimessa in questione di certi valori, una meditazione a volte geniale sul significato dell'intervento registico, ha contribuito a quella emancipazione del segno cinematografico, a quella autonomia di significati che trasforma uno sguardo in una constatazione, una illustrazione in arte.

Al contrario, le idee di Godard, la sua filosofia, la sua visione sociale e morale sono sempre state assai spicciole. Perlomeno se prese alla lettera; e se dimentichiamo la cosa più importante del cinema. E cioè, che il vero significato morale di un'opera, quello più universale ed eterno, nasce dalla «qualità» di uno sguardo, di una visione.

Comunque sia, Godard, dopo LA CHINOISE, che è del 1967, e sotto lo shock degli avvenimenti del maggio del '68 si unisce a Jean Pierre Gorin, cioè a colui che sarà destinato a fornirgli la dottrina rivoluzionaria indispensabile in quel momento. Godard, che aveva già fatta, e vinta, la propria rivoluzione, quella dei suoi film da A BOUT DE SOUFFLE in avanti, si vede in obbligo di fare dei film sulla rivoluzione. Ed ecco il periodo dei film militanti, alcuni mai usciti, altri invisibili se non da una ristretta cerchia di operai ai quali sarà certamente risultato assai arduo decifrarne l'ingarbugliato messaggio. Un giudizio su questi sconosciuti LE GAI SAVOIR, UN FILM COMME LES AUTRES, BRITISH SOUNDS, VENTO DELL'EST, ecc. sarà possibile soltanto quando potranno esser visti globalmente. Poi venne TOUT VA BIEN, che è ormai dal 1972, anche se da noi giunge con così ammirevole puntualità.Sempre con Gorin, Godard decide che per rientrare nel sistema, per poter far giungere il suo messaggio a qualcuno in più dei quattro gatti, occorrevano le star. Ed ecco Jane Fonda e Montand, con l'alibi del proprio impegno politico nella vita privata, a trascinarsi stancamente in una faccenda tradizionale di amore sulle barricate, distacco e ritrovamento, che poco ha da spartire con il resto.

Il resto è la storia dell'occupazione di una fabbrica da parte degli operari, di accuse varie nei confronti dei comunisti e dei sindacalisti, nell'elogio di un certo «gauchisme» che, onestamente, non risulta chiaramente cosa dovrebbe essere.

Certamente non quel movimento di entusiasmo, di generosità quasi romantica che ha rappresentato il maggio del '68.

Il fatto è che i film di Godard, con o senza la propria coscienza politica Gorin, rimangono quelli di sempre. Degli splendidi esempi di cinema, fatti per entusiasmare chi nel cinema cerca la poesia del linguaggio. E dei confusi tentativi ideologici, fatti apposta per esasperare chi nel cinema cerca quel tipo di messaggio.

In PIERROT LE FOU la prima di queste componenti di Godard annullava completamente la seconda. Qui, malgrado la sapienza evidente del regista Godard, la seconda pareggia largamente la prima. Anche se, bisogna ancora sottolinearlo, i film di Godard andranno rivisti a passioni smorzate: proprio perché sono ambigui e contraddittori, ma sempre indagatori sulla realtà contemporanea.


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