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COMPLOTTO DI FAMIGLIA
(FAMILY PLOT)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 14 novembre 1976
 
di Alfred Hitchcock, con Karen Black, Bruce Dern, Barbara Harris, William Devane (Stati Uniti, 1975)
 
Hitchcock diceva a Truffaut ("Il cinema secondo A. H.", di François Truffaut) qualcosa del genere: "il cinema è un rettangolo vuoto davanti ad una platea vuota. Si tratta di rienpire uno e l'altra". Passi per il concetto del rettangolo, ma quello della platea, detto da un altro, sarebbe un'atrocità.

E' in nome della preoccupazione per il pubblico che è nato il cinema più demagogico, più consumistico, più cretino. Detto da qualsiasi altro. Perché Hitchcock è sicuramente il personaggio meno "qualsiasi" del cinema, ne è anzi, per molti aspetti il più straordinario. Ci sono due poli opposti: si possono mettere in scena delle idee, anche oneste, con scarso o nullo talento. Oppure si può, con genio, illustrare il nulla. Cayatte, o Costa-Gavras, ad esempio, fanno il primo tipo di cinema: del cinema di idee, cosi detto politico, messo assieme in modo piuttosto qualunque.

Hitch fa l'altro genere: dipinge degli avvenimenti e dei personaggi assolutamente qualunqui, raggiungendo l'espressione artistica. Si torna alla faccenda del rettangolo e della platea: l'arte di Hithcock consiste nel fare dello spettatore un proprio complice. E questa complicità la raggiunge riempiendo in un determinato modo il suo rettangolo.

Non è una questione di paura, di spavento, come pensano ancora in molti. In COMPLOTTO DI FAMIGLIA più che rabbrividire, si ride. Anzi: qui come in altre delle sue opere più recenti, Hitch svela addirittura in anticipo come andranno a finire le cose. E allora, come la mettiamo con la famosa faccenda del "suspense"? Buon artigiano, che grazie all'abilità di inventare il "suspense", viene contrabbandato per artista... Quello sara' forse Dario Argento.

Ripensate ad una qualsiasi delle opere del vecchio Alfredo, e provate a raccontarla: ve la sbrigherete in mezzo minuto, lasciando il vostro auditorio del tutto deluso. PSYCHO, capolavoro di tensione emotiva, è una vicenda del tutto inconsistente, riempita di personaggi inconsistenti. Se Hitch vi inchioda alla poltrona è perché egli è uno dei più grandi ordinatori di immagini che il cinema abbia mai avuto. E ogni sua pellicola potrebbe essere materiale di studio ideale per ogni scuola di cinema del futuro.

Il suo è Il cinema della perfezione. Quella stessa perfezione, ancora un paradosso, che ogni altro regista cinematografico deve fuggire come la peste. Per il rischio di cadere nell'accademia più plateale, nel mestiere irritante, nella frigidità espressiva, nella presunzione.

La perfezione Hitchcockiana rappresenta invece la chiave di lettura dell'opera. Inserita in un gioco ad incastro il cui disegno, la cui eleganza sono l'indice di una padronanza linguistica, strutturale, sufficiente ad elevare ogni storiella a livello superiore. Nell'ultima parte della sua carriera, Hitchcock è ancora andato oltre: ha svelato la meccanica del proprio gioco. E, in COMPLOTTO DI FAMIGLIA ride dei propri trucchi, o fa strizzare l'occhio di un attore rivolto alla platea, in un supremo eccesso di complicità. Ma, poichè sono le cause e non gli effetti a costituire il valore della sua opera, anche distruggendo le emozioni più evidenti non s'inceppa per nulla l'intero meccanismo. Nella sua perfezione logica assoluta, brilla al contrario come è più di sempre.


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