3827 recensioni a vostra disposizione!
   

CRISTO SI È FERMATO A EBOLI Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 13 novembre 1980
 
di Francesco Rosi, con Gianmaria Volonté, Lea Massari, Irene Papas (Italia, 1978)
 
CRISTO SI E' FERMATO A EBOLI non è un film fortunato. Come LUCKY LUCIANO, che è una delle opere più acute di Rosi non ha avuto un successo enorme in Italia. Se il fatto di giungere da noi ad oltre un anno e mezzo dalla sua presentazione al Festival di Cannes non è purtroppo un avvenimento insolito, bisogna pur dire che anche altrove, in Francia per esempio, non ci si è buttati sul film. E lo si è presentato quasi in sordina, come un parente al quale si vuol bene ma che per casa, confessiamolo, dà un po' fastidio. Riandando a quello che si scrisse allora da Cannes, non è difficile scoprire le ragioni. La prima è che Rosi ci aveva abituati ad un diverso tipo di cinema. Un cinema irruente, d'assalto. Un cinema militante, il più grande esempio di cinema politico alleato e quello di spettacolo. "Il mio cinema è vicino al documento, ma lontanissimo dal documentario" è la splendida definizione che questo cineasta, lucido come pochi, ha dato del proprio lavoro. Che parte sempre da un dato di fatto preciso, dalla storia, dalla cronaca. Come un investigatore, un giudice che indoviniamo chinarsi a lungo su un carteggio, preparando un'Inchiesta. Dietro ad ogni immagine dell' AFFARE MATTEI o di CADAVERI ECCELLENTI è facile immaginare un lungo lavoro di preparazione a tavolino. Ma le inchieste di Rosi, le sue interrogazioni sulla società di oggi, sui rapporti di potere che costringono gli individui, si dipartono dal documento nel corso delle riprese. Il cammino che dalla realtà, straordinariamente presente all'inizio dei film di Rosi, porta ad una scomposizione dei dati e delle immagini fino a sfociare in un lirismo generoso, in un mondo fantastico ancora più agghiacciante della realtà, è quello che trasforma l'analisi socio-politica in grido di protesta, il saggio in poesia, la denuncia, la polemica, la lucidità in arte. Ebbene, EBOLI non segue in questo senso il procedimento abituale. Il film è lento, contemplativo, quasi indolente. Se tutte le opere precedenti del regista mostravano il confronto, la difficoltà per l'uomo nell'adattarsi alla storia ed alla politica, qui succede il contrario: è l'uomo Carlo Levi, intellettuale respinto dalla storia, il fascismo, che prende coscienza di un mondo che vive ai margini della storia, della politica.

I mali del mondo di oggi Rosi, come Levi allora li ricerca in quella situazione di emarginazione. Non di miseria, come il regista andava ripetendo in continuazione a Cannes, ma di sottocultura. Per riprendere le frasi del celebre romanzo: "Noi non siamo cristiani - dicono i contadini della Lucania - Cristo si è fermato a Ebolí. Cristiano vuol dire, nel loro linguaggio, uomo, e la frase proverbiale che ho sentito tante volte ripetere nelle loro bocche non è forse nulla più che l'espressione di uno sconsolato complesso di inferiorità. Non siamo cristiani, non siamo uomini ma bestie, anzi ancora meno perché noi dobbiamo subire anche il mondo dei sottocristiani che sono di là dall'orizzonte, sopportarne il peso e il confronto... Cristo non è mai arrivato qui, né vi è arrivato il tempo, né l'anima individuale, né la speranza, né il legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la Storia..."

È in questa terra, tra questa gente che Rosi, regista della ragione, è andato a cercare la soluzione dei propri dubbi di uomo degli anni 80. "Sono forse semplicemente invecchiato", ci ha risposto quando gli chiedemmo perché la terra, perché i contadini, il ritmo lento delle giornate al contatto della natura. Lui che aveva sempre privilegiato i tempi convulsi, le società urbane. Come l'Olmi dell' ALBERO DEGLI ZOCCOLI, anche Rosi ha sentito il bisogno di questo tipo di ripensamento. Non per abbandonarsi alla, nostalgia, ma per constatare l'immutabilità di una condizione secolare. La realtà lucana è vista appunto attraverso lo sguardo del protagonista, un Gian Maria Volonté al solito sapiente, ma qui forse fin troppo sicuro e compiuto psicologicamente. Ed è proprio attraverso questa contemplazione che il discorso cinematografico, (la cinepresa che assume lo sguardo) avrebbe dovuto significarsi. Se il film non convince appieno, la ragione è forse proprio qui. Rosi è grandissimo in quel processo di analisi della realtà documentata, e di successivo smembramento. Meno, ci pare, nell'osservazione di una vita quotidiana, piatta, banale, come quella dei contadini della Lucania. Che nella sua eternità dovrebbe convincere l'intellettuale Levi, giunto dal Nord, della relatività delle sue convinzioni razionali. Diciamo, più semplicemente, che il messaggio non sempre riesce a passare. La realtà osservata rimane distante da noi, compresa dalla ragione ma non dal cuore. Diciamo, pur se il confronto arrischia di apparire arbitrario che la rassegnazione del film di Olmi (da alcuni criticata) riesce a significarsi. Quella di Rosi rimane un bell'oggetto di contemplazione.

E allora il film vale forse di più nelle parti dialogate, l'incontro con il podestà per esempio. Ma l'incontro importante, quello dal quale avrebbe potuto nascere la grande poesia, l'incontro tra la cinepresa e l'occhio del protagonista (che, oltretutto, è l'occhio di un pittore) la nostra constatazione della condizione lucana non avviene. Certo, CRISTO SI E' FERMATO A EBOLI rimane un'opera di grande dignità della quale abbiamo ricordato soprattutto i limiti. I pregi sono quelli del cinema di Rosi di sempre: la grande onestà, la sincerità, l'ardore nel ragionamento.


   Il film in Internet (Google)
  Film dello stesso regista

Per informazioni o commenti: info@films*TOGLIEREQUESTO*elezione.ch

Elenco in ordine


Ricerca






capolavoro


da vedere assolutamente


da vedere


da vedere eventualmente


da evitare

© Copyright Fabio Fumagalli 2024 
P NON DEFINITO  Modifica la scheda