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DIE SCHWEIZERMACHER Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 1 febbraio 1979
 
di Rolf Lyssy, con Emil Steinberger, Walo Lüönd, Beatrice Kessler, Claudio caramaschi (Svizzera, 1978)
 

Un film sopra tutti ha marcato Soletta 1979, un'opera che è un avvenimento per il nostro cinema anche per ragioni estranee al suo valore artistico: Die Schweizermacher di Rolf Lyssy. Lissy non lavorava da anni, esattamente dal 1974, l'anno di Konfrontation, l'ottima ricostruzione storica dell'attentato di Davos e dei rapporti fra il nostro paese e la Germania ai tempi del nazismo. Da allora Rolf Lysy, uno dei cineasti più seri ed estrosi del nostro cinema, si è visto respingere da Berna ogni richiesta di sussidio relativa ai propri progetti cinematografici. Per lo stesso Die Schweizermacher, Lyssy chiede ripetutamente un contributo. Inutilmente: il soggetto del film è una satira sul processo delle naturalizzazioni nel nostro paese. Su due ispettori di polizia, uno convinto del proprio ruolo, l'altro più scettico, incaricati di stendere un rapporto sugli stranieri che fanno domanda di diventare svizzeri. E a Berna rispondono immancabilmente: un soggetto così importante non può essere, figuriamoci, trattato in modo leggero, anzi irrispettoso...

Con quattro frasi, per diversi anni, la burocrazia cinematografica svizzera cancella così dal mondo dei creatori Chaplin, Lubitsch, Hawks o anche Risi e Monicelli. Gente cioè che si è fatta un nome discreto nel campo della cosiddetta commedia brillante. Dando prova di bella perseveranza, Lyssy decide allora di finanziarsi da solo. E, pur con difficoltà enormi, riesce finalmente a raccogliere 700 mila franchi, ed a fare il suo film. Il film esce cinque settimane fa sugli schermi della Svizzera  tedesca: ed incassa in cinque settimane quasi quattro milioni.... Die Schweizermacher risulta allora lo schiaffo in faccia più clamoroso beccato dai responsabili della ridicola politica cinematografica svizzera. Dimostra la miopia di certi settori, dimostra soprattutto come anche nel nostro paese un film possa autogestirsi. Pagarsi, cioè, le spese. Il che era ritenuto finora una pura illusione.

Die Schweizermacher ha messo così in subbuglio le acque già inquiete del cinema nostrano. Ora gli altri registi, una parte perlomeno, soprattutto svizzero-tedesca, dice che Lyssy ci è riuscito perché ha fatto un film commerciale, di comicità bozzettistica, interpretato dal noto cabarettista Emil Steinbérg. Il più bello è che tutto ciò è clamorosamente falso; e dimostra la malafede di chi ha sempre avuto del cinema un'opinione pedante e manichea. La satira di Lissy è di fattura nobilissima: direzione d'attori, ritmo, spìrito di osservazione permeato sia di critica che di grazia, un gusto ed una intelligenza sicura concorrono a fare dell'opera una delle più divertenti, innovatrici e creatrici del cinema svizzero di questi anni. Visto che, una volta tanto, si tratta di un film interessante anche dal punto di vista commerciale, non resta che attenderne una sollecita presentazione anche in Ticino.

 


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