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DI CHI È LA MIA VITA?
(WHOSE LIFE IS IT ANYWAY?)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 4 novembre 1982
 
di John Badham, con Richard Dreyfuss, John Cassavetes, Christine Lahti (Stati Uniti, 1981)
 
"Questo Badham è un tipo curioso: passa dalle febbri del sabato sera di Travolta, ai Dracula ed ai Lupi mannari, senza trascurare le farse celebri dei Blues Brothers, con disinvoltura ammirevole. Per cui non si sa ancora se lodare il suo eclettismo (nella tradizione più logica del director americano, pronto a piegare le proprie tematiche alle più svariate forme di finzione) o lamentare la sua scarsa coerenza d'ispirazione.

Questa sua ennesima divagazione tematica tenderebbe a farci propendere per la prima delle ipotesi: perché è proprio grazie ad un tipico "savoir faire" del cinema americano, che il film assurge ad una sua dimensione più che dignitosa. Il tema è infatti quello doloroso ma non inedito dell'eutanasia. Uno scultore di successo, vittima di un incidente stradale, viene salvato grazie ai miracoli della medicina moderna, rimanendo però completamente e irreversibilmente paralizzato. Il medico (John Cassavetes, in una delle sue apparizioni d'attore) lo salva: ma nel contempo finisce col diventare padrone di un essere privato di autosufficienza.

Il film di Badham si avvia così a diventare un severo atto d'accusa contro il potere della medicina: ed il diritto, per ogni essere umano, a disporre del proprio destino. La severità, la logica e l'efficacia della dissertazione perdono un po' di forza man mano che il film si avvicina alla sua conclusione. Non così, fortunatamente, per DI CHI E LA MIA VITA, la dimensione umana dei vari personaggi, la giustezza delle loro psicologie, la misura delle loro relazioni.

Tutto ciò non avviene a caso, ma proprio grazie a quella professionalità tipicamente americana alla quale Badham sembra attingere: nulla di caricaturale, di pseudoscientifico o di patetico, come spesso succede in questi film sui camici bianchi. Al contrario gli attori sono diretti con estrema precisione (a cominciare dal bravissimo Richard Dreyfuss, che si porta l'intera vicenda addosso), i dialoghi adeguati, l'ambiente ricreato con esattezza priva di compiacimenti.

C'è un tono estremamente giusto nel film: per rendersi conto delle sue qualità basta cercare di immaginarsi in cosa si sarebbe trasformato nelle mani di uno dei tanti usurpatori di fama in circolazione."


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