Qui, in questa prima sequenza dove la nostra guida in T-shirt non riesce a salvare la ragazza dell'amico, il computer sembra per un attimo far posto anche al cervello. Gli effetti (straordinariamente, come ormai sempre) speciali, sono pensati anche in funzione dello sguardo cinematografico: come Hitchcock sulle Montagne Rocciose, l'occhio della cinepresa si fa prolungamento delle angosce dello spettatore. Ed il mito della montagna, dell'assoluto da trascendere, della metafora del superamento di sè stesso, sembra darci un'idea di ciò che CLIFFHANGER (come tanti altri film sulla vertigine delle vette, piuttosto maltrattate dal cinema) avrebbe potuto essere.

Poi, arrivano i nostri: sotto forma di un'armata brancaleone di sbrindellati, che dovrebbero passare per criminali tecnologicamente avanzati, alla rincorsa del solito malloppo. E anche la forza degli effetti speciali (per non dire di quelli che dovrebbero essere psicologici o, più banalmente, drammatici) finisce per annacquarsi.

Rimane un ritmo rompicollo, un avvicendamento di quelli che una volta si chiamavano colpi di scena cosi assurdo ed isterico da ricordare certe tecniche del cinema d'animazione: se può bastare...