Certo, come nel cinema di Godard al quale sbircia volentieri, la vicenda è doverosamente scombiccherata: Isabelle Huppert è una ex-suora divenuta autrice di romanzi pornografici che si definisce ninfomane pur conservandosi rigorosamente vergine. Che s'innamora di una faccia d'angelo dal passato dubbio, ma comunque colpito d'amnesia per essere stato defenestrato dalla sua donna. La quale è una star pornografica, innamorata di un contabile costretto a farsi killer per difendersi da due yuppie che rappresentano - come di dovere - la perversione del sistema nel quale tutto si svolge...

Thriller metafisico, forse. Archetipi referenziali del cinema noir, certamente: al servizio dei quale Hartley mette a disposizione uno sguardo non indifferente, tutto impostato su una perfetta fotografia iperrealista dai colori saturi (firmata Michael Spiller), dei suoni amplificati, dei dialoghi che spesso lasciano il segno e talora divertono. Come in Fassbinder, come in una cultura europea alla quale Hartley pretende riferirsi è sulla distanziazione offerta dal melodramma e dalla citazione che Hartley costruisce. Ma ciò non significa necessariamente abbandonare le psicologie a loro stesse; e condannare gli spettatori ad un progressivo disinteresse."