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BRIDGET JONES'S BABY Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 10 ottobre 2016
 
di Sharon Maguire, con Renée Zellweger, Colin Firth, Patrick Dempsey, Emma Thompson (Stati Uniti, 2016)
 

Bridget ha 43 anni e un compleanno da festeggiare tutta sola. Il che non le impedisce d’incontrare, nell’arco di due settimane, l’amore storico Mark Dark, sempre interpretato dal raffinato e un po' tanto distante Colin Firth. Più, come non bastasse, l’affascinante Patrick Dempsey, l’idolo sexy planetario di Grey’s Anatomy. Da una disinvolta solitudine a un problema d’abbondanza: aggravato dal fatto, una volta scoperto di essere incinta, di non sapere quale dei due è il padre.

Al terzo capitolo della saga, Bridget Jones’s Baby rimane il fenomeno sociale del 2001. Tratto da un romanzo venduto nel 1966 in 5 milioni di esemplari, ispirato da una rubrica apparsa sul quotidiano The Independent, traduce le confessioni di una impiegata londinese nubile e allora trentenne, dei suoi tentativi di smettere di bere e fumare, cercare di dimagrire e, soprattutto, scovare l'anima gemella. L’universo privato di Rene Zellweger, attrice americana di origine svizzera che per ottenere il ruolo accettò notoriamente d'ingrassare di una dozzina di chili. A lei e, più sorprendentemente, a questo terzo episodio non nuoce d’invecchiare; in particolare nei confronti dell’insopportabile precedente Che pasticcio, Bridget Jones (2004). Grazie, forse, al ritorno della regista originale, della collaborazione alla sceneggiatura di un esperto di cinema “sfrontato” come il Dan Mazer della serie dei Borat. E di Emma Thompson, co-sceneggiatrice oltre che grande attrice, qui nel ruolo spassoso di una caustica ginecologa.

Ritmo e dialoghi in particolare risultano allora sveltiti; e alcune sequenze entrano di diritto nella migliore, se non proprio inedita tradizione della commedia. Cosi l’irresistibile scambio di battute fra la Bridget divenuta produttrice televisiva e l’amica presentatrice nel corso di un’emissione in diretta. O, ancora, i vari fraintendimenti del sempre più disinvolto ménage à trois; e tutta la sequenza di un festival erotico – musicale, costruita in modo di quasi acquisire le cadenze del cinema d’animazione. Poi, non è ovviamente che Bridget rinunci del tutto a un bagaglio di mossette, sorrisini e accentuazioni espressive abnormi che hanno deliziato milioni di aficionados (e orripilato altrettanti). Ma non si può pretendere troppo.


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