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LA PERSONA PEGGIORE DEL MONDO
(THE WORST PERSON IN THE WORLD)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 8 dicembre 2021
 
di Joachim Trier, con Renate Reinsve, Anders Danielsen Lie, Herbert Nordrum, Hans Olav Brenner, Helene Bjørnebye (FOR ENGLISH VERSION SEE BELOW) (Norvegia, 2021)
 

(For English version see below, or press first the Google Translation Button )

Era il tono di Oslo 31 agosto a renderlo indimenticabile. Melanconico, al tempo stesso leggero, consolatorio, mai didatticamente bloccato su quel problema di droga. Un film profondo, umoristico e commovente, infine anche tragico. Come i suoi incontri, magnificamente sfumati in poche parole e significativi silenzi. Tra il protagonista e il collega delle devianze giovanili, l'amico, al quale è riuscito di di rifarsi una vita. Mentre attorno, l'Oslo festaiola che si gode l'ultimo sole, dove un trentaquattrenne è autorizzato a ritornare per un tentativo di reinserimento.

Nell'estate luminosa della capitale norvegese il protagonista ritroverà le sensazioni perdute, gli amori, gli amici. Ma nulla che gli restituiscano - malgrado l'evidente sincerità, la sua trattenuta sensibilità, una simpatia che si fa empatia - le motivazioni che forse ancora nutriva.

Tante affinità, che ritroviamo oggi nel quinto lungometraggio di Joachim Trier, in un altro quasi capolavoro, dieci anni dopo la rivelazione di Oslo 31 agosto seguita da qualche alto e basso. In un prologo, un epilogo e dodici capitoli, il regista norvegese sembra infatti riappropriarsi di quelle medesime emozioni, immergendosi progressivamente nella leggerezza di un tono che riesce a farsi determinante, istintiva immedesimazione. Che gli permette di fondersi alla sua indimenticabile protagonista, Renate Reinsve (Premio d'Interpretazione di Cannes 2021), la trentenne così modernamente insoddisfatta da brillantemente continuare  a cercarsi, dalla medicina alla psicologia, da queste alla fotografia o fra gli scaffali di una libreria. Molte scelte, accompagnate da altrettanti relazioni; fra le quali Joachim Trier sceglie di illustrarcene solo due, ma quanto  rivelatrici. Capaci come sono di trasformare una commedia che ai tempi avremmo definita romantica in qualcosa di diverso, di più sorprendente, in perfetta fase con il proprio tempo.

Julie compirà i trent'anni. Aksel (ancora la magnifica vecchia musa Anders Danielsen Lie) , l'autore di graphic novel con il quale lei va ad abitare, quarantuno. Guarda il caso, come Joachim Trier. Al profilo dell'incandescente Julie si è allora aggiunta  la misura nell'analisi dei sentimenti del cineasta: mentre in quello scarto generazionale, il film scicchettoso si è fatto analisi poetica.  

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It was the tone of Oslo 31 August that made it unforgettable. Melancholic, at the same time light, consoling, never didactically stuck on that drug problem. A profound, humorous and moving film, which is also tragic in the end. Like its encounters, magnificently nuanced in a few words and significant silences. Between the protagonist and the colleague of youth deviance, the friend, who has managed to rebuild his life. All around, the party-going Oslo enjoying the last of the sun, where a 34-year-old is allowed to return for an attempt at reintegration.

In the bright summer of the Norwegian capital, the protagonist will rediscover his lost sensations, his loves, his friends. But despite his obvious sincerity, his restrained sensitivity and a sympathy that becomes empathy, nothing can restore the motivations he may still have had.

So many affinities, which we find again today in Joachim Trier's fifth feature film, in another almost masterpiece, ten years after the revelation of Oslo 31 August followed by some ups and downs. In a prologue, an epilogue and twelve chapters, the Norwegian director seems to reappropriate those same emotions, progressively immersing himself in the lightness of a tone that manages to become decisive, instinctive identification. Which allows him to merge with his unforgettable protagonist, Renate Reinsve (Interpretation Prize at Cannes 2021), the thirty-year-old woman so modernly dissatisfied that she brilliantly continues to search for herself, from medicine to psychology, from photography to the shelves of a bookshop. Many choices, accompanied by as many relationships; among which Joachim Trier chooses to illustrate just two, but how revealing. Capable as they are of transforming a comedy that at the time we would have called romantic into something different, more surprising, in perfect phase with its time.

Julie is turning thirty. Aksel (once again the magnificent old muse Anders Danielsen Lie), the graphic novel author with whom she goes to live, is forty-one. As it happens, so is Joachim Trier. The profile of the incandescent Julie was then added to the measure in the analysis of the filmmaker's feelings: while in that generational gap, the slick film became poetic analysis.

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