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MAGNOLIA
(MAGNOLIA)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 22 aprile 2000
 
di Paul Thomas Anderson, con Tom Cruise, Jason Robards, Julianne Moore (Stati Uniti, 2000)
 

L'Orso d'Oro della BERLINALE 2001 è un film mostruoso.

Anche se il suo titolo s'ispira ad una strada della San Fernando Valley il riferimento botanico è più che appropriato: MAGNOLIA, infatti, assomiglia ad una di quelle piante tropicali, portentose nella ridondanza delle forme come degli effluvi, cosi intensamente profumate da scivolare lascivamente nel maleodorante, affascinanti ed al tempo stesso repellenti.

Come, ed ancor più che nel precedente BOOGIE NIGHTS, il trentenne - prodigio Paul Thomas Anderson ha dato alla luce uno di quegli affreschi corali dell'America contemporanea costruiti su tutta una serie di personaggi e di situazione intrecciate, che cosi bene riuscivano all'Altman di NASHVILLE e di SHORT CUTS. Inizia con uno sberleffo all'assurdità di quel Caso che regge i loro e, per la logica dell'identificazione i nostri destini. Una madre spara una fucilata al marito; ma il colpo, sfuggito dalla finestra, va proprio a centrare il figlio che sta transitando in quell'istante, essendosi buttato dal tetto... Da un suicidio intenzionale ad un omicidio per soggetto interposto, dunque; di certo colposo, ma pur sempre provvisto di sempre utili connotazioni edipiche. E termina, MAGNOLIA, in un finale dalle dimensioni bibliche ed altrettanto assurde: che non vi rivelo, visto si tratta di uni dei momenti più sorprendenti e riusciti di un film di tre ore. Non cosi sorprendente, non cosi riuscito come l'ambizione, e pure la maestria di Anderson avrebbero forse meritato.

Ma non è facile ficcarsi in questo genere di paradisi. Se Robert Altman aveva il dono di trasformare in capolavori a ripetizione le sue saghe musicali, i suoi matrimoni, i suoi affreschi hollywoodiani, non era di certo per quei capricci del caso invocati in MAGNOLIA: ma per la freddezza, il rigore e la logica con la quale organizzava in mosaici le proprie emozioni, le vibrazioni del proprio sguardo. Altman muoveva liberamente i propri personaggi, con fare distaccato; come pedine disposte a piacimento sulla scacchiera della vita. Anderson ai suoi si affeziona fin troppo (ed è uno dei pregi di un film che non è mai cinico e pretestuoso); tanto da faticare ad un certo a punto non soltanto ad abbandonarli al loro più o meno ingrato destino, ma anche solo a raccapezzarsi. Li organizza attorno a quella che ritiene essere la geografia delle nostra condizione (la televisione, il cancro, l'incesto); ma sono tanti, troppi a popolare quella commedia umana. Non uno, ma due che di cancro muoiono. Il mitico Jason Robards, magnate della TV che sul letto di morte vuol rivedere il figlio negletto (un sorprendente, ispiratissimo Tom Cruise), predicatore demenziale di una rinnovata virilità a colpi di "Rispettato il Cazzo!"; mentre sua moglie Julianne Moore scopre un po' tardi di essere innamorata del moribondo, e si pente delle corna che gli ha fatto. L'altro, è il presentatore del solito, famigerato gioco televisivo, destinato ai bambini prodigio. Del quale è vittima il primo di ben due ragazzini destinati ad andarci di mezzo in quel cataclisma generazionale. Il tutto in un carosello di personaggi sorprendenti (un infermiere che si assume tutta la pietà del mondo, interpretato molto bene da Seymour Hoffman; un poliziotto in cerca di affetto che s'innamora di una tossicomane; un genitore pronto a vendersi l'anima affinché il figliolo sfondi alla televisione), una tumultuosa successione di informazioni visive e sonore (affascinante, anche se immancabilmente prolissa, quelle che interagiscono fra il commento musicale, i suoni ed i dialoghi), un puzzle isterico e terribilmente virtuosistico. Curioso e convenzionale, coinvolgente ed insopportabile MAGNOLIA è un saggio disinibito e moderno, che si affloscia fra le pieghe di un interminabile melodramma: l'opera di un piccolo genio che forse sa un po' tanto dii esserlo.


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