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UNA QUESTIONE PRIVATA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 28 maggio 2018
 
di Paolo e Vittorio Taviani, con Luca Marinelli, Lorenzo Richelmy, Valentina Bellé, Francesca Agostini (Italia, 2017)
 

Una questione privata è l’ultimo film che i due inseparabili fratelli del cinema italiano hanno portato a termine assieme. Anche se Paolo Taviani era rimasto solo alla regia; mentre Vittorio, scomparso soltanto poche settimane fa, si era occupato della sceneggiatura. Ed è quasi impossibile, visionando ora il film uscito in Italia nell’ottobre scorso, dimenticare quanto accaduto. Anche se non è soltanto con sentimenti di tristezza, bensì di ammirazione, che osserviamo scorrere quelle immagini. Inconfondibili.

Una questione privata è infatti un film vero dei Taviani, esaltato nel non abdicare mai nei confronti di un testo maggiore della letteratura italiana. Un universo che ci riconduce all’epoca impareggiabile di La notte di San Lorenzo, prima delle loro più recenti, discrete apparizioni. Ma, come ancora nel 2012 e da ottantenni, pure di un capolavoro di sperimentazione estetica come Cesare deve morire che ci sbalordiva per l’immutato impegno civile, il sorprendente coraggio. Non di certo abbandonando una leggendaria disciplina estetica: ma rinunciando a una eleganza distaccata che, nelle opere minori, portava le seduzioni della scrittura al sopravvento sulle emozioni.

Le reazioni non sono molto dissimili nei confronti di questa s storia piccola: il partigiano Milton che vuol scoprire se anche il suo migliore amico Giorgio si è innamorato di Fulvia, la giovane torinese sfollata da Torino in campagna. Una storia comune, ma che s’incrocia con quella più grande. Più sfumata, che il film progressivamente va a scoprire, sempre nel tradizionale, squisito ritegno dei suoi autori: Il 1944 dei badogliani, le crudeli, spinose contraddizioni di una Italia dei partigiani che cercava di liberarsi dalle milizie nazifasciste.

Nelle Langhe del capolavoro di Beppe Fenoglio molto liberamente adattato nella complessità stilistica dello scrittore, nella nebbia soprannaturale che i Taviani spargono sopra la natura raggelata, lo sfondo, come sempre nel cinema cui riesce di significarsi, non è mai un contenitore più o meno adeguato. Ma il rivelatore di quanto si nasconde all’interno dei personaggi e delle loro vicende. L’ambiente, la villa nei dintorni di Alba cosi congeniale alla cultura degli autori, i flashback sulla nascita delle passioni, si intercalano progressivamente con l’affanno di una rincorsa nelle propaggini conclusive della Seconda Guerra. Come sempre nel cinema dei Taviani, il realismo si alterna allora al soprannaturale, il dettaglio superfluo cede il passo a una visione interiorizzata. Che indaga, ma distante: per avvicinarsi ai dettagli saltuariamente, con una violenza impressionante, come nella sequenza dell’abbraccio fugace e disperato fra il protagonista braccato ai confini della sua follia amorosa e i genitori.

Rispetto al romanzo di Fenoglio pubblicato postumo nel 63, i Taviani ne rovesciano un finale sul quale ancora si argomenta. Ma sono semmai altri elementi a minacciare l’equilibrio non facile del film, la teatralità di una parte del cast, lo sconfinare continuo tra la qualità letteraria e quella cinematografica. Ma queste sono egualmente le ragioni del fascino cosi insolito di Una questione privata.

 


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