Vecchio discorso, quello della difficoltà per l'occhio occidentale di guardare al cinema giapponese. E viceversa: dell'ambiguità di questo, quando volge le armi della seduzione verso di noi.
Cronaca delle ore, e degli anni che seguirono Hiroshima, riflessione certamente nobile su uno dei drammi più eclatanti (e rimossi?) del nostro secolo, PIOGGIA NERA è un film, più che in bianco e nero, in grigio.
Ineluttabilmente, mi direte, sconsolatamente scolorato: la descrizione (un po' manicheista, con pupazzi carbonizzati e brandelli a volontà) della città dopo lo scoppio, e soprattutto della vitan egli anni che seguono di una famiglia colpita dalla disgrazia. Una cronaca quotidiana di una tranquillità, qualcuno dirà di una piattezza sconcertante. Con un solo elemento drammaturgico: l'adolescente irradiata che, divenuta adulta, dovrebbe sposarsi. Ma che invece non può che attendere - come tutti gli altri membri della comunità - la scadenza della malattia.
In questa ineluttabile, a tratti esasperante stagnazione c'è tutta la reazione al film. Da un lato la constatazione di una non-invenzione (formale, e quindi anche ideologica) quasi irritante ai nostri occhi, forse voluta. Dall'altro, quella di una accettazione serena, ma proprio per questo terribilmente tragica e commovente. Quasi che la ribellione all'infame destino forgiato dall'uomo non fosse ormai più compito dei personaggi, ma dello spettatore.