Fra i film affascinanti degli Anni 80, il meglio di Brian de Palma (preceduto dal più discutibile remake di SCARFACE), il meglio di un John Travolta che allora non aveva ancora girato PULP FICTION, più la rivelazione di una bravissima Nancy Allen.

C'è, come sottolinea vistosamente il titolo, I'omaggio ad Antonioni. Ed a Coppola: visto che, come in CONVERSATION PIECES, il protagonista è un tecnico del suono, che ritrovandosi in un parco a registrare rumori della natura assiste invece ad un delitto. Ma nel film di Coppola il suono era esaltato a fini spettacolari. Qui, viene usato. Come in BLOW UP (là la fotografia, qui il suono) il mezzo cinematografico diventa la chiave per raggiungere la verità. Travolta, come il David Hemmings di BLOW UP, vede e sente la realtà osservata attraverso un obiettivo o un microfono. E questa realtà, osservata attraverso il filtro dello sguardo cinematografico si trasforma da verità soggettiva in verità oggettiva.

Come guardare il mondo e spiegarlo: è tutto il succo del piacere di filmare che nasce da questo tipo di riflessione. Ma il film di de Palma non riesce soltanto ad insegnarci ad ascoltare. Illustrato da una fotografia volutamente sgargiante, montato con la rapidità dei thriller di classe, interpretato con grande immediatezza, si permette anche un finale che trasforma il grandiloquente e il grandguignolesco in constatazione sociale e politica.

Tra i fuochi d'artificio e contro un'immensa bandiera USA muore la protagonista: il fragore dei botti copre quella voce di verità che l'onesto e paziente protagonista aveva tentato inutilmente di far giungere ad una società indifferente.