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TOM A LA FERME Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 30 gennaio 2017
 
di Xavier Dolan, con Xavier Dolan, Pierre-Yves Cardinal, Lise Roy,Evelyne Brochu (Canada, 2013)
 

Per tutti coloro che hanno adorato Mommy e ammirato Juste la fin du monde è forse giunto il tempo di riandare ai tre lungometraggi, girati tutti attorno ai vent'anni, da colui che è ormai considerato il piccolo genio precoce del cinema contemporaneo.

Ecco allora un film fondamentale per l'inimitabile inventore d'atmosfere del Quebec, che qui impara per la prima volta a farsi imporre una sceneggiatura. A lasciarsi (relativamente...) rinchiudere in un quadro narrativo e espressivo; così come, per la prima volta, in un film apparentemente di genere.

Xavier Dolan emigra allora nelle campagne del Quebec, adatta una pièce teatrale che interpreta lui stesso. Un cittadino di Montreal viene ad assistere nella fattoria del titolo ai funerali di un giovane che è stato il suo amante. La madre del defunto ne è a conoscenza; ma non il fratello, che farà di tutto per occultare la cosa. Omofobo violento, obbligherà Tom a mentire sulla propria natura e sulla relazione avuta con lo scomparso.

Un itinerario forse prevedibile: che dal dolore della circostanza sconfina ben presto nel sospetto, nella tensione, nella minaccia. Ma al suo quarto lungometraggio, a poco più di vent'anni, Dolan stravolge con la sua (in questo caso anche equilibrata) particolare visione un melodramma dolente che scivola nel thriller, vuoi all'horror. Stravolge la vena pop incredibilmente libera dei suoi primi J’ai tué ma mère (2009) e Les Amours imaginaires (2010). Conferma quella che era già stata la svolta verso una maturità di Laurence Anyways (2012) e acquista un senso del tragico che certo non faceva parte delle sue disinvolte divagazioni iniziali.

Qui, nell'impostura eterosessuale alla quale è costretto il protagonista gay, fonde ammirevolmente l'Hitchcock del mitico Vertigo al lirismo sfrenato alla Wong Kar Wai. Senza essere mai schematico, né evidente: Dolan rifà tutto alla sua maniera, passa da un registro all'altro in una sorta d'incoscienza che garantisce la straordinaria energia del film. E, come sempre nell'opera del regista,  la sua commozione.

 


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