MA QUANDO ARRIVANO LE RAGAZZE? |
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di Pupi Avati, con Paolo Briguglia, Claudio Santamaria, Vittoria Puccini, Johnny Dorelli
(Italia, 2005)
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Raccontate da altri, le storie di Pupi Avati non sarebbero altro che improbabili fumetti provinciali. Rimembranze, piuttosto sentimentali e pure scontate sulle illusioni della vita, gli ideali grandi o anche soltanto modesti ai quali aspiravamo e che, notoriamente e immancabilmente, il novantanove percento dei comuni mortali non riusciranno mai a realizzare. Le vicende di MA QUANDO ARRIVANO LE RAGAZZE? non costituiscono di certo un'eccezione in questo senso; storia di Nick che suona la tromba e possiede talento da vendere, mentre Gianca è solista di sassofono ma si rende conto che non sarà mai all'altezza dell'amico. Tanto più che a dividerli c'è la più che graziosa Vittoria Puccini, una delle undici più belle ragazze di Bologna; la perigliosa conquista e coabitazione con la quale finirà per costituire un'alternativa alla realizzazione per il meno dotato dei due. Ma com'è, allora, che le piccole storie di Pupi Avati, i suoi personaggi comuni e un po' di maniera finiscono per toccarci, per sembrarci cosi veri? Magari un filo idealizzati, perbene come sono, coi tempi che corrono. Ma sempre dipinti con un affetto che sconfina nella sensibilità dell'osservazione piuttosto che nel ritratto sdolcinato. Come quel padre che il redivivo Johnny Dorelli (forse il personaggio più giusto del film) dipinge con umorismo melanconico e ironia graffiante: jazzista di belle speranze in gioventù, che vede nel figlio, destinato come lui ad una carriera di commercialista, un nuovo Charlie Parker. Dettati più che dall'analisi dei comportamenti dalla delicatezza poetica dello sguardo, nati da un evidente coinvolgimento autobiografico film come questi finiscono per essere costituiti da una insolita mescola fra verità e finzione. Autentici quando entrano nelle atmosfere di Umbria Jazz, in una passione che si sente non occasionale per la musica, nell'intimità di certe situazioni colte con grande, istintiva naturalezza. E allegramente approssimativi, quando si affidano ad una sceneggiatura che progredisce a sobbalzi, con ellissi non proprie fluide, sviluppi psicologici non esattamente armoniosi. Tralasciando il fatto per noi clamoroso che nella Lugano dell'Estival Jazz visitata dai protagonisti si parli
tedesco. Ma il bello con Avati è che tutto ciò finisca per importare non più di tanto. Perché a contare è la piccola musica delle sue iniziazioni sentimentali; abbastanza unica e forse anche sottovalutata nel panorama del cinema italiano. Che fa delle illusioni e pure delle imprecisioni di MA QUANDO ARRIVANO E RAGAZZE? un film giovane; come se quegli anni il regista li avesse appena compiuti.
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