Segnatevi un nuovo nome nell'agenda dei nomi che contano, quello di Brian de Palma. Giovane americano, opera seconda (dopo SISTERS"): una sorta di opera - rock, imbevuta nel fantastico, nell'orrore, nell'eccesso. Viene subito alla mente un regista celebre, Ken Russel, ed un suo film costato milioni, e presentato nella serata di gala all'ultimo festival di Cannes, TOMMY. Sullo stesso tema (l'alienazione nel mondo dello spettacolo musicale), con il medesimo procedimento (alleare la musica rock alla fantascienza) e soprattutto sul filo di una ispirazione artistica del tutto simile (l'arte dell'eccesso, del barocco, della frantumazione delle barriere), bisogna dire subito che lo sconosciuto Brian de Palma ha ottenuto un'opera molto, ma molto migliore del decantato TOMMY...

La differenza fra Ken Russel e l'autore di PHANTOM OF THE PARADISE è fondamentale per questo genere di operazioni: a Russel l'eccesso scappa di mano, e si fa "kitsch", nel senso negativo della parola. Brian de Palma riesce al contrario a controllare costantemente la propria opera: il suo straordinario impasto di musica, di film dell'orrore, di riferimenti letterari e d'invenzione formale, cromatica cinematografici (Faust, Frankenstein, Caligari, Oscar Wilde, ecc.), di critica di costume, di divertimento tecnologico, si fonde mirabilmente in un'opera musicale, in uno spettacolo continuo, fatto di ripetizioni e di audizioni.

De Palma non misura gli effetti, né nel senso dei suoni né in quello delle immagini. La musica è delirante, e l'orrore è dipinto senza mezze misure. I personaggi sono caricaturali al massimo: ma gli attori reagiscono benissimo alla direzione del regista.

Cinema dell'aggressione, della provocazione, della grandiloquenza: ma anche del possesso dei propri mezzi stilistici, dell'autocontrollo al servizio delle idee e, perché no, della poesia.