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CRIMINALI DA STRAPAZZO
(SMALL TIME CROOKS)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 12 dicembre 2000
 
di Woody Allen, con W.A.,Tracey Ullman, Hugh Grant, Elaine May (Stati Uniti, 2000)
 
Per la prima volta da anni, più esattamente dal 1977 di ANNIE HALL, il pubblico americano accorre in massa a vedere un film di Woody Allen; che, da quei tempi aveva praticamente ignorato. Cosa significa? Che i film precedenti erano troppo sofisticati per piacere alle platee spicce degli Stati Uniti? Che questo, leggero, un po' facile, un po' (quasi) esclusivamente ridanciano corrisponde meglio all'idea che gli americani si fanno del cinema di un comico? Perché, che CRIMINALI DA STRAPAZZO sia un film fatto di tutta una serie di "un po'" mi sembra evidente: il che non significa necessariamente minorato. Semmai, penalizzato: da una sceneggiatura certamente meno armoniosa di quelle solite del nostro, che finisce per disarticolare il film. Nella prima parte, con le gag burlesche, da slapstick - comedy che ricordano i tempi pionieristici di PRENDI I SOLDI E SCAPPA, Woody dirige (si fa per dire) una banda di piccoli malfattori imbranati alla "Soliti Ignoti"; e presto dimenticati al loro destino. Nella seconda, più interessante ed eventualmente innovativa, con la commedia che da poliziesca si fa sociale.

Grazie ad una moglie (la vivacissima Tracey Ullman) più ingegnosa di quanto immaginava il suo misogino pasticcione, la coppia scopre infatti i miliardi dell'industria dolciaria: ed il film, l'occasione sognata per tuffarsi in una satira sfrenata, se non proprio imprevedibile dei nuovi ricchi e dei misfatti del capitale selvaggio. Con la mancanza di cultura e di buon gusto; peggio, con l'avido arrivismo di certi intellettuali che approfittano di quell'universo privo di scrupoli. E Allen inventa allora un Hugh Grant che, nei panni di un gallerista - pigmalione finisce per essere una delle cose più corrosive di un film che difetta di cattiveria.

C'è quindi da ridere, e qualcosa da riflettere. Già da come si cosparge di cenere il nostro eroe sul piano dell'immagine: brache da spiaggia a metà di un polpaccio notoriamente striminzito, magliette dalle tinte che fanno a pugni con il resto nel primo capitolo. Borchie e ciondoli, blazer pastello, mocassini di serpente e smoking con i risvolti da brivido nella seconda parte. Mai, in passato, l'attore - regista aveva ridicolizzato la propria immagine cosi ferocemente. Che l'intellettuale ebreo di tanti film, lo "schlemiel" borghese ed impacciato ma con l'occhio sempre vigile all'Europa intellettuale si sia trasformato in uno scassato sottoproletario, o in un volgare, quindi pentito arricchito testimonia che qualcosa di nuovo c'è anche in SMALL TIME CROOKS. E nella filmografia di un cineasta che, dai suoi detrattori, è stato spesso accusato di girare lo stesso film. Un'amarezza, piuttosto insolita in un celebre perdente altamente soddisfatto della propria condizione. Ed un certo desiderio di consenso: che al bulletto timido di Manhattan finisce per far scegliere la consolazione del focolare. Sarà un brutto segno? Certo è che di un Woody anche minore non ne avremo mai a noia. Piuttosto, di una cosa: di quel suo dixieland striminzito. Che adesso, sicuramente, si trova di meglio.


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