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ADDIO LUGANO BELLA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 13 giugno 2001
 
di Francesca Solari, con Oreste Scalzone, Giorgio Bellini, Francesca Solari (Svizzera, 2000)
 
Il film della settimana, quello che lo spettatore ticinese non dovrebbe mancare ci riguarda assai da vicino. ADDIO LUGANO BELLA è infatti il documentario (di finzione, come si usa ormai dire) firmato dalla luganese Francesca Solari; militante, a partire dal 68 in Lotta Continua e quindi nell'area di Autonomia. Qualcosa, allora, che più o meno (la discussione è aperta) ci illumina su quei fenomeni che videro il nostro spazio, geografico, in qualche caso ideologico, fare da ponte tra l'estrema sinistra svizzera e quella italiana.

Ma la forza, tanto vale precisarlo subito, la dimensione del film della Solari risiede nel fatto di non essere "soltanto" (qualcuno dirà non sufficientemente) un film politico, legato ad un determinato periodo ed ad un'area precisa: piuttosto, qualcosa di a temporale, nel quale passato e presente si fondono in continuità. Cosi come vita pubblica e, soprattutto, privata. Cinema politico, sociale, storico: ma essenzialmente intimo, nato dall'esigenza di raccontarsi e di capirsi. La grande, bella sorpresa di ADDIO LUGANO BELLA è allora quella di essere, prima di ogni altra cosa, cinema. Il montaggio, ad esempio, di questo video di settanta minuti, la forma impressa al film diviene una delle protagonista di ADDIO LUGANO BELLA. Che gli autori l'abbiano voluto o meno, per uno di quei capricci della creazione cinematografica: altrettanto della vicenda narrata, quella giudiziaria di Giorgio Bellini, arrestato dalla polizia svizzera con l'accusa di aver partecipato ad attentati e simpatizzato per il terrorista Carlos. Altrettanto del Sessantotto e della rivoluzione, dei preziosi rapporti della regista con la propria famiglia, dell'intelligenza riflessiva di Bellini, dei rinvii alla realtà del nostro territorio, dei tragicomici riflessi svizzero-tedeschi, persino della inevitabilmente debordante presenza dialettico-musicale di Oreste Scalzone. Da questo antefatto non so dirvi se risulta vincente la testimonianza, il rigore; oppure il potere lenifiante, magari edulcorante della memoria. Questo, forse, andrebbe chiesto a chi ha vissuto sulla propria pelle - e non sono in pochi attorno a noi - quell'esaltante o frustrante avventura. È certo, invece, che ad uscirne vincente, da questa situazione, è la creatività espressiva: sul filo di un commento sonoro plasmato con splendida coniugazione, grazie al montaggio la vasta, accattivante paletta dei diversi livelli di narrazione si organizza. Gli spazi geografici (il Ticino, Parigi) o mentali (le stanze delle discussioni, la prigione, la montagna della trascendenza), il pubblico della spiegazione politica ed il privato delle relazione filiali o coniugali si amalgamo non solo in una struttura. Ma in una dimensione di spazio e di tempo che rende eterni quel mondo di interrogativi. Com'è non soltanto legittimo, ma più che giusto.


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