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LA MEMORIA DELL'ACQUA
(EL BOTON DE NACAR)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 29 gennaio 2016
 
di Patricio Guzman, documentario (Cile, 2015)
 
Una goccia d'acqua contenuta in un blocco di ghiaccio vecchio di millenni, due misteriosi bottoni di madreperla ritrovati sul fondo del Pacifico al largo dell'immenso arcipelago del Cile. Migliaia di chilometri di coste, a contenere una natura dalla bellezza indicibile; di un fascino arcaico e violento che sconfina nel soprannaturale.

La Patagonia di Patricio Guzman non si esaurisce però in un piacere estetico alla National Geographic. Esiliato a Parigi nel 1973 dopo il colpo di Stato di Pinochet e la realizzazione di LA BATTAGLIA DEL CILE (trilogia di cinque ore sulla fine del governo di Salvatore Allende, considerata fra i migliori film politici di tutti i tempi) il cineasta non abbandonerà per questo le preoccupazioni che tormentano il proprio Paese. Saranno le lotte della Chiesa cattolica in difesa dei diritti dell'uomo in AU NOM DE DIEU (1987), l'arresto del dittatore in IL CASO PINOCHET (2001), SALVATORE ALLENDE nel 2004 e NOSTALGIA DE LA LUZ (2010). Documentario straniante quest'ultimo, girato in quel deserto di Atacama dal quale astronomi venuti da tutto il mondo scrutano il cosmo. Ma dove la straordinaria secchezza climatica ha egualmente permesso finalità diverse dalla ricerca di forme di vita extraterrestri: come la conservazione delle ossa dei prigionieri politici fatti scomparire dalla dittatura.

Dalla sabbia del deserto all'acqua della Patagonia: in EL BOTON DE NACAR l'elemento naturale è una volta ancora per Gutzman il territorio di una riflessione sul filo che lega l'uomo al cosmo e ai genocidi che vi si perpetuano. Il mare, i vulcani, i ghiacciai, i cristalli di quarzo contengono nella loro formazione la storia degli indigeni della Patagonia e del loro sterminio, quella dei primi colonizzatori venuti d'oltre mare, infine quella dei prigionieri politici. Dalla preistoria, alla Storia, agli elicotteri di Pinochet, dai quali i corpi dei desaparecidos, talvolta ancora in vita, venivano lanciati in mare.

Un mosaico di contenuti, di rinvii filosofici e politici che viene a fondersi alla mirabile ricerca estetica; l'emozione della memoria, la realtà delle testimonianze che muta la nostalgia in una adesione sempre più soprannaturale, di conseguenza eterna, alla magnificenza della natura che da sempre incornicia il dramma. Scienza, memoria, politica e poesia concorrono così a un'armonia e una libertà che raramente appartengono al documentario.


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